Diciamoci la verità: quella della classifica di fine anno è una storia che sta invecchiando—e lo sta anche facendo un po’ male.
O meglio: forse ci poteva stare (in assoluto) in occasioni come il 2019, quando stavamo raccontando la fine di una decade piena di cose e allora sì, era curioso (e anche interessante) andare a mettere in ordine quello che era successo, nella musica, in uno span di tempo così lungo e variegato.
Ma se quell’esercizio così lungo e importante ci aveva dato un sentore preciso era che—nello stesso momento in cui scavavamo nel mare magnum di centinaia di ascolti che coprivano oltre 3652 giorni—i listoni di fine anno avevano messo inconsciamente l’accento su un connotato tragicomico, di tutta la faccenda. Del tipo: «2010—2019, certo, va fatta subito. Aspè, e la classifica dei dischi del 2019? Boh, fa niente, poi diventa troppa roba».
Ecco, insomma, forse perché la credibilità verso listoni che racchiudono periodi così brevi di tempo, dopotutto, stava scemando, a buon ragione, vertiginosamente.
Rant da vecchio scorbutico a parte, direi che il concetto è chiaro: no, non metterò insieme una lista di “dischi dell’anno”, perché (appunto) li avete già letti un po’ dappertutto e perché poi, a leggere le mie scelte, in fondo, che vi cambierebbe? Eh, infatti.
Per lo stesso identico motivo, non troverete quelli di cui ho già parlato da queste parti, durante il 2021 (tipo qui, qui, qui, qui e qui): implicitamente, metteteli in quella lista invisibile, semmai fosse esistita.
Piuttosto, qui dentro ci sono scelte più simili a una categoria di cose “to watch”, cioè artisti che hanno messo in luce qualcosa di interessante e che sono usciti quest’anno con un disco che magari non tutti hanno ascoltato. E l’ordine è rigorosamente alfabetico—once again: no classifiche, di alcun tipo. Quest’anno sarà il mio personale fioretto.
Cominciamo?
Bex Burch & Leafcutter John
Boing!
Da una parte Leafcutter John, veterano di etichette come Border Community, Staubgold e Planet Mu, produttore dall’estro fuori dal comune e vero factotum dei suoi strumenti, spesso costruiti e modificati dalle sue intuizioni. Dall’altro Bex Burch, conosciuto per una fusione unica di jazz, post-punk e minimalismo, tutto incentrato sul suono del gyil (lo xilofono di legno del Dagaare), che suona su Boing! insieme a campane, calabash, voce e percussioni. Il risultato è un disco che alterna lampi di sintetizzazione modulare e software, musica organica e futurismi coerenti con il suono dei tempi. Un folle viaggio tra creatività e passione.
byjayr
Siren EP
Nata in Canada da genitori Palestinesi, byjayr è cresciuta nella scena artistica di Montreal, come visual artist e poi come dj e producer. Il suo EP di debutto, Siren, è un luogo etereo tinto da immagini forti e decise: una tempra techno dall’audace eleganza, che trasmette dentro una lente d’ingrandimento i contrastanti rumori provenienti dal mare d’Oriente e le derive avant–pop moderne, generando alchimie decisamente singolari. Il suo percorso, dalle radici giramondo fino alle influenze di Los Angeles, sua attuale base, promette cose molto interessanti.
Go Dugong
Meridies
Dopo diversi esperimenti e side projects, Giulio Fonseca è tornato ad abbracciare la sua identità musicale primigenia, come Go Dugong. Meridies è un'indagine worldmusicante della tradizione pugliese e in particolare della sua Taranto, con l'obiettivo di rielaborare, evolvere e contaminare la storia del suo territorio in tempi (e attraverso suoni) contemporanei. Nel disco spiccano le collaborazioni—e le contaminazioni—con Alfio Antico, Mai Mai Mai e il jazzista romano Francesco Fratini. Nel lotto delle (ottime) cose Italiane uscite durante quest’anno, è una chicca assolutamente da recuperare.
Hildegard
Hildegard
Ouri e Helena Deland sono Hildegard, un duo di Montreal. L’omonimo album di debutto è una miscela di passato e presente, effimero e permanente, il bello e il grottesco. Tra fantasia, incubi e visioni, le otto tracce si fondono in una sfera sonora che descrive otto giorni trascorsi insieme, come in un diario–racconto scritto con i suoni. Il background folk di Deland si bilancia con le tinte notturne e club di Ouri: sia che si tratti di crepuscolo, di luci soffuse o di alba, il connubio genera storie sicuramente attraenti e stimolanti per tutto l’ascolto.
Justine Forever
Flash
Francese (ma ormai romana d’adozione), Justine Neulat mescola un’attitudine punk a new wave e influenze club, migrando tra linee minimal oscure, elettronica irrequieta e reminiscenze di stampo berlinese. Nel suo progetto come Justine Forever spazia dal racconto scuro all'euforia, dalla preoccupazione alla fantasia, dalla colorimetria accecante all'eleganza del bianco e nero: Flash è un piccolo universio estetico di abbandono, energia e cupa seduzione, che fa rivivere una nuova Miss Kittin nella dimensione del presente.
Kris Vango
MESSENGER 11:11
Prodotto e registrato ad Atene durante lo scorso lockdown, MESSENGER 11:11 ha come protagonista Mercurio, il pianeta della comunicazione, del linguaggio (corpo/parlato), dei simboli, del logos e dell'elettricità. L'album di Kris Vango, artista Australiano di base a Berlino, esplora temi di genere, politica, simbolismo, occultismo e metafisica. È una queer—space opera di voci che annunciano un nuovo mondo, al di là dei binari, senza divisioni e senza polarizzazioni: attraverso 22 tracce, la musica si immerge in temi di trans/trasformazione, morte, cyberpunk e controcultura, tra metaverso e cyber sciamanesimo.
Rachika Nayar
Our Hands Against The Dusk
Al debutto con Our Hands Against the Dusk, Rachika Nayar—musicista di Brooklyn—è un’abile polistrumentista che mette in gioco incontri, collisioni e punti di contatto parlanti, tra suoni e impressioni. Attraverso pochi ma ben strutturati elementi, l’album è stato composto nel corso di quattro anni di sperimentazioni, elaborando la chitarra con avant–garde digitale, virate glitch e traiettorie più organiche, muovendo un solo strumento tra identità, discorsi e spazi di una continua (e diversa) evoluzione. Come l’abbraccio e la speranza per una collisione stilistica ricca e multiforme, nel futuro della musica, è uno dei pezzi mancante che potrebbe tornare utile, per un puzzle di idee futuribili.
Slon
Majestic Mind Safari Show
Slon è il nuovo progetto di Marco Mercuzio Peron, un esperimento mascherato e mutevole che fonde suono, sociologia, performance art e ondivaghi avant—linguaggi metaculturali. Il connubio tra sentimenti, ruoli e personaggi della vita contemporanea sono lo sfondo di un teatro senza apparente genere: in Majestic Mind Safari Show la musica realizza oggetti, abitati da emozioni sovrapposte. È un’esplorazione elettronica del mondo obliqua, forte e per questo dilagante. Tra le cose ascoltate quest’anno, decisamente una di quelle che osa di più nel fare qualche passo spedito verso “il futuro”.
The Irrepressibles
Superheroes
Dopo collaborazioni prestigiose con Röyksopp, ionnalee degli iamamiwhoami, Rex the Dog e progetti sempre a cavallo tra un vestito soul e una concretezza elettronica, Jamie Irrepressible ha messo nel suo ultimo capitolo a uno step di maturità puro. Per tracciare un vero e proprio solco tra modernità gospel e delicati vestiti minimaltronica, Superheroes (uscito nel 2021 con un’edizione deluxe) è l’anima che riflette per The Irrepressibles i movimenti elettronici e jazz della vita a Berlino: il paesaggio di una storia tra la salute mentale, odi alla synth-wave una profonda ambizione queer-pop di nuovo confine.
TOMAGA
INTIMATE IMMENSITY
Finito di registrare poco prima della tragica scomparsa di Tom Relleen nell’Agosto dello scorso anno, il duo—composto a Londra insieme alla batterista e percussionista Valentina Magaletti—ha raccolto ispirazioni, viaggi, colori e sfumature creative del loro connubio tra spazi, tempo e suono. Intimate Immensity raduna citazioni del regista Derek Jarman e dell’artista Yves Klein sulla metafisica del blu, il materialismo razionale e il mondo–stanza della solitudine umana del filosofo Bashlyar, oltre che da La Poetica dello Spazio, da cui la centrale intima immensità, narrata da Gaston Bachelard. Come le fughe dell'immaginazione raccontate dal filosofo Francese, i confini dentro e fuori l'universo pulsante di TOMAGA sono un concentrato di emozioni, dove Laurie Spiegel e Pauline Anna Strom abbracciano l’estetica della danza di Muslimgauze e Ossia. Un gigantesco must-listen del 2021.
Ed è tutto: questo era davvero L’Ultimo Disco—per quest’anno!
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Noi ci vediamo a Gennaio, sempre su questi schermi 👋