L’alba dentro l’imbrunire, il mondo nuovo di Franco Battiato
Le luci fanno ricordare le meccaniche celesti—e stavolta, per sempre
Ne Il Mondo Nuovo del 1932, lo scrittore e filosofo britannico Aldous Huxley descriveva una società del remoto futuro, in cui ogni individuo è costruito in laboratorio e non ha idea di come questo sia successo, come e per quale motivo le forze contrarie lo abbiano fatto accadere.
Come in uno stato di veglia apparente, i cittadini del nuovo mondo hanno spento la propria concezione di tempo e progresso, proseguendo un’esistenza che ha anestetizzato il sapere e l’emozione per la scoperta. Quella che racconta Brave New World, e che anticipa temi quali lo sviluppo delle tecnologie della riproduzione, l’eugenetica, il controllo mentale e la distopia, sono tutti espedienti usati per forgiare un concetto di umanità schiava, resa meccanica dalle sue stesse imposizioni, incapace di osservare il futuro con occhi diversi.
L'esotomia, I'IBM-azione
De-cloro-de-fenilchetone
Essedi-etilizzazione
Han dato vita
Alla programmazione
Trentanove anni più tardi, un giovane cantautore di nome Franco Battiato, trasferitosi a Milano agli albori della sua carriera, si fa spedire da Londra uno dei primissimi VCS3 messi in commercio, idealizzando e sperimentando con luoghi, immagini e significati, a partire proprio dal mondo immaginato da Huxley. Senza sapere davvero dove stesse andando, con quella musica, ma mettendoci il dono dell’incontro con la possibilità.
Una dote che non lo avrebbe mai più abbandonato.
Nasce Fetus, che mette il sintetizzatore poi usato da Pink Floyd, Brian Eno e Kraftwerk al servizio di un portale per capire meglio la realtà. Nel pianeta perfettamente meccanico, artificialmente funzionale ma privo di incertezze date dall'incursione del sentimento, tutto è narrazione fasulla. Povera patria, verrebbe da dire, quando la voce del padrone è l’unica veramente a conoscenza dei fatti, e i governanti di quel pianeta programmano senza rimorso una civiltà serva e fittizia.
È anche la lotta contro ogni forma di potere, che ispira Fetus e Pollution, quella che non rispetta l’uomo e la sua persona, che si chiede quale funzione abbiamo. La stessa che racconta “Bandiera Bianca” e insieme l’auspicio di un ritorno, quello de “L’Era del Cinghiale Bianco”, simbolo di vitalità e forza che il Maestro aveva invece indagato, attraverso la cultura celtica narrata da “Simboli della Scienza Sacra" di René Guénon.
Certo, sarebbe stata storia di quasi dieci anni più tardi, con un milione di copie vendute in più e un successo travolgente in mano. Ma tra il profetico e il casuale, tutto, nella storia di Franco Battiato, segue tramite la linea delle possibilità un tempo sospeso, continuo, che non ha un vero inizio né avrà una vera fine, ma solo una grandissima voglia di incontrarsi in posti sempre diversi.
Ricordami come sono infelice
Lontano dalle tue leggi
Come non sprecare il tempo che mi rimane
E non abbandonarmi mai
Non mi abbandonare mai
Quella di Franco Battiato è sempre stata una fenomenologia di conoscenza hegeliana al servizio della musica e delle sue domande, ma anche un mito della caverna di Platone che rivive tra le note, un’ode dialettica a La Tempesta di Shakespeare e al Kriyā Yoga indiano, alla ricerca della verità di Georges Ivanovič Gurdjieff: per quanto conosciamo, non avremo mai la possibilità di afferrare in modo stabile l'oggetto stesso del nostro sapere.
Allora vaghiamo, ancora. Alla ricerca dell’altrove.
Le derive ambientali e i nastri di registrazione di matrice stockhauseniana, l'avanzata progressiva in quel pianeta immaginario, in collisione con nuove forme di audacia, avevano portato alla realizzazione concreta di un linguaggio fiabesco. Un uomo dal fascino selvaggio, poetico, strano ma irresistibile.
Che aveva aperto i concerti di Tangerine Dream, Brian Eno, John Cale e Nico, ma amava raccontare degli schiamazzi e delle poltrone devastate dei teatri, nei tour in giro per l’Europa, degli stessi spettacoli.
Se dovesse mai esistere un film che racconti il nuovo mondo immaginato da Battiato, però, io me lo immagino introdotto con “Beta”, da Pollution, o da “Sequenze e Frequenze” del soundscape mediterraneo che viaggia “Sulle Corde di Aries”. Da “I Cancelli della Memoria” di Clic, un invito a spalancare le porte alle domande più recondite dell’essere umano.
Una forma di pensiero da cui non si sarebbe più separato.
Luceunu 'i stiddi dda
La' luntanu supra 'u mari
Li cosi cari parunu cchiù beddi
Era l'alba di una penna sensibile ai temi contemporanei, alle incursioni nel misticismo per comprendere meglio l’oggetto dei desideri, il modo di stare al mondo della società, al grande fratello dei giudizi e degli equivoci della nostra cultura solo raffazonatamente veloce, perché lenta ad arrivare alla verità delle cose più importanti.
La via di mezzo tra l'inizio e la fine di tutto.
Tra il silenzio e il rumore, o il silenzio del rumore.
Il linguaggio di Franco Battiato è costantemente stato l'opposto del paradigma rassicurante e accattivante che la musica pop in Italia ha sempre offerto, soprattutto a certe latitudini di classifica. Tutto ciò che ha fatto, dalla fase sperimentale alla consacrazione del suo pop controculturale nell’epocale trittico tra il 1979 e il 1981, indicava un ciclo stilistico irripetibile, dalle idee rivoluzionarie di arrangiamento all'uso di un vocabolario che dire inedito è un eufemismo.
La dialettica e i colori della Sicilia raccontati da Bufalino, Tomasi di Lampedusa, i fidatissimi Giusto Pio e Manlio Sgalambro. La Milano creativa e rivoluzionaria immaginata con Gianni Sassi, un futurismo privo di paure e ricco di istrionicità.
Una poetica che guardava alle incognite del futuro, alle lezioni del passato, alle nuvole e talvolta alle schiarite del presente.
Questo sentimento popolare
Nasce da meccaniche divine
Un rapimento mistico e sensuale
Mi imprigiona a te.
Che, soprattutto, ci ha fatto credere ci fosse vita oltre gli anni Settanta, quella svanita nel mare magnum citazionista – lo stesso da cui ogni tanto passava una nave – in cui l’arte sonora ha forse capito che non poteva più inventare, innovare, reagire al futuro. Che la musica d'autore era di tutti anche se l’autore non voleva svendere le sue parole e creare motivetti facili, anzi.
«Io inseguo il pubblico, Franco. Tu ti fai inseguire!», gli diceva l’amico Lucio Dalla.
Perché ciò che scriveva Franco Battiato era un flusso di coscienza capace di intrecciarsi con le fondamenta più sacrali del sufismo, le derive grammaticali che ispira la musica sperimentale, l'amore in forme meno profuse di romanticismo, ma pieno di vita e parole pure.
Un amore, infatti, che agisce al di là di ogni forma e sostanza fisica. Ed era innanzitutto un amore per l’arte, quello che lo ha fatto vagare tra i campi del Tennessee, le zingare del deserto, le balere estive nell'Irlanda del Nord, l’incontro con Igor Stravinsky sulla prospettiva Nevski, le campante Tibetane.
Era il suo nuovo mondo, un pianeta che aveva scoperto da solo e che aveva dato al pubblico la possibilità di sbirciarci dentro.
Segnali di vita nei cortili e nelle case all'imbrunire
Le luci fanno ricordare
Le meccaniche celesti
E poi ancora nuovi posti, nuove mete, sempre diverse.
La realtà è che nulla è stato lontanamente paragonabile a quel paradigma. E quel futuro immaginato da Franco Battiato nel suo mondo nuovo è rimasto una grandiosa eccezione.
Per fortuna, però, lui ha continuato a dialogare con le sue possibilità, a prescindere dal resto, portando avanti un'idea di arte che rimarrà per sempre speranza nel futuro, anche quando proverrà dal passato, anche quando non avrà più futuro da raccontare o passato da scoprire.
Siamo tutti migranti finché non torniamo al nostro luogo di riposo finale. Ed è stato meraviglioso migrare con te, come i migranti di Ganden, nel Giappone delle geishe, perdendoci in questo incantesimo alla ricerca di un centro di gravità permanente.
Mi veni 'na scossa 'ndo cori.
Ciao, Maestro.